+39 049 / 20.50.454
MENU


case history

Articoli

Il valore probatorio del rapporto d’incidente

Avv. Laura Rossato

Condividi su:


Che lo si chiami rapporto, prontuario o verbale, è quel fascicolo che riunisce tutti gli elementi: fotografie, rilievi planimetrici, testimonianze, dichiarazioni rilasciate dalle parti coinvolte, ecc., che riguardano un incidente stradale.

Viene redatto dalle Autorità (Polizia Locale, Carabinieri, Polizia Stradale…) intervenute a seguito di un sinistro, in particolare quando vi siano feriti o comunque quando i coinvolti siano in disaccordo circa la dinamica e le responsabilità dell’accaduto, e non sia quindi sufficiente invitare i conducenti a compilare la “constatazione amichevole”.

Recentemente la Cassazione è intervenuta a fare chiarezza sul valore del rapporto d’incidente e delle sue componenti, da un lato ribadendo il consolidato principio secondo cui, essendo un atto pubblico, il verbale fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti avvenuti alla presenza del Pubblico Ufficiale, dall’altro pronunciandosi sull’efficacia probatoria della ricostruzione operata dai verbalizzanti.

Mentre, infatti, hanno fede privilegiata elementi quali la posizione dei veicoli e i danni dagli stessi riportati descritti dagli Agenti, nonché le dichiarazioni rilasciate dalle parti e dai testimoni, qual è il valore della ricostruzione dei fatti cui il Pubblico Ufficiale non ha direttamente assistito? Secondo la Suprema Corte, tale ricostruzione “costituisce valutazione cui non può estendersi l’efficacia probatoria di cui sopra e che va valutata secondo ordinari criteri di deduzione”.

Ciò non significa che la decisione del Giudice non possa ricalcare la stessa descrizione dell’evento riportata nel verbale all’esito degli accertamenti svolti dagli Agenti, cosa che avverrà in particolare quando questa sia “sorretta da elementi logici coerenti”.

Nel caso affrontato dalla sentenza che di seguito si riporta: “il Tribunale ha posto a fondamento della sua decisione una propria ricostruzione del sinistro, seppure coincidente con la ricostruzione effettuata dai verbalizzanti e dopo aver valutato, secondo il suo prudente apprezzamento, le dichiarazioni dei due soggetti direttamente coinvolti nel sinistro, la dichiarazione di una testimone imparziale, la posizione dei veicoli post urto, così come acquisiti dai pubblici ufficiali successivamente intervenuti in loco, oltre che gli ulteriori dati “tecnici” riportati nel verbale stesso”.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4554-2018 proposto da:

L.B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati CORRIDORI LORENZO, VIGNOLA ALESSANDRO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 784/2017 del TRIBUNALE di SAVONA, depositata il 23/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2018 dal Consigliere Dott. SCALISI ANTONINO.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.B.C., con ricorso del 15 gennaio 2014 conveniva in giudizio la Prefettura di Savona proponeva impugnazione avverso la sentenza n. 196/13 del Giudice di Pace di Albenga, con cui detto giudice, rigettando il ricorso proposto dal medesimo ricorrente in primo grado, convalidava il verbale di contestazione (OMISSIS) del 21 luglio 2011 della Polizia Stradale di Savona, con il quale era stata contestata la violazione degli artt. 146 e 148 C.d.S., per avere effettuato manovra di sorpasso veicoli fermi in colonna e in prossimità di curva incorrendo in incidente stradale con lesione a terzi. Con tale pronuncia il Giudice di Pace aveva fondato il rigetto del ricorso sostanzialmente affermando la maggiore solidità della ricostruzione operata dagli Agenti accertatori in quanto in parte sorretta da fede privilegiata quanto ai fatti accertati direttamente e in parte rafforzata da testimonianza raccolta nell’immediatezza dei fatti laddove la diversa ricostruzione offerta dal ricorrente sarebbe stata fondata unicamente su testimonianza resa al difensore in epoca successiva.

Lamentava l’appellante – nella sostanza riproponendo i motivi già posti a fondamento del ricorso in primo grado, salvo aggiungervi le censure circa il difetto di motivazione – che la sentenza di primo grado avesse violato i principi in tema di motivazione, non tenendo conto delle risultanze e degli elementi di prova offerti.

Con comparsa di risposta, si costituiva l’Amministrazione convenuta chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

Il Tribunale di Savona con sentenza n. 784 del 2017 rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese di lite. Secondo il tribunale di Savona la sentenza impugnata andava confermata posto che era esaustivamente motivata sia con riguardo alla distribuzione dell’onere della prova sia per quanto attiene alla ricostruzione del fatto.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da L.B.C. con ricorso affidato ad un motivo. Il Ministero dell’interno in questa fase non ha svolto attività giudiziale.

Con l’unico motivo di ricorso L.B. lamenta la violazione falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2700 c.c.e della L. n. 689 del 1981,artt. 21, 22, 22-bis e 23, nonchè omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5.

In particolare il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia assegnato fede privilegiata al verbale redatto dal Pubblico Ufficiale dopo il sinistro non tenendo conto che il verbale ha fede privilegiato solo le dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. E di più il Tribunale non avrebbe tenuto conto che dalla relazione del sinistro si evince come i segni della caduta siano presenti nella corsia del L.B. il quale, quindi, non poteva essere in fase di sorpasso nella corsia opposta. Tanto più è evidente che nessun mezzo abbia impedito lo scarrocciamento del mezzo dell’odierno appellante il cui solco sull’asfalto, particolarmente evidente, si protrae per alcuni metri dal punto dell’impatto al margine destro della corsia (lato monte) prova che non vi fosse alcuna colonna di macchine da superare.

Su proposta del relatore, il quale riteneva il ricorso infondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il Presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio.

Rileva il collegio che il ricorso è infondato e in tal senso trovando conferma la proposta già formulata dal relatore, ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c..

Infondato è l’unico motivo del ricorso. E’ principio consolidato (vedi Cass., n. 226629 del 2008, n. 9251 del 2010, n. 3787 del 2012) quello per cui l’atto pubblico (e, dunque, anche il rapporto della polizia municipale) fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, si tratta di materiale probatorio liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti. Ora, il giudice di appello, proprio affermando che la ricostruzione del sinistro operato dai verbalizzanti intervenuti in loco successivamente era non solo convincente ma anche coerente con i dati oggettivi rilevati dagli stessi in loco non ha fatto mal governo della norma dettata dall’art. 2700 c.c..Piuttosto, tenuto conto dei principi, appena indicati, il Tribunale ha avuto cura di specificare di far propria la ricostruzione del sinistro operata dagli operatori perchè sorretta da elementi logici coerenti e per quanto l’appellante non forniva una ricostruzione di valore logico altrettanto coerente. Sicchè è del tutto evidente che il Tribunale ha posto a fondamento della sua decisione una propria ricostruzione del sinistro, seppure coincidente con la ricostruzione effettuata dai verbalizzanti e dopo aver valutato, secondo il suo prudente apprezzamento, le dichiarazioni dei due soggetti direttamente coinvolti nel sinistro, la dichiarazione di una testimone imparziale, la posizione dei veicoli post urto, così come acquisiti dai pubblici ufficiali successivamente intervenuti in loco, oltre che gli ulteriori dati “tecnici” riportati nel verbale stesso. Come afferma la sentenza impugnata “(….) Nel caso di specie gli Agenti di Polizia nella propria Annotazione, danno atto: della posizione dei veicoli post urto; dei danni riportati dai veicoli stessi; delle dichiarazioni dei due soggetti direttamente coinvolti nel sinistro e della dichiarazione di una testimone imparziale;

tutti fatti oggettivi, da ritenersi corrispondenti a quanto effettivamente appreso dai verbalizzanti fino a querela di falso. Vi è poi la parte di “ricostruzione del sinistro” che costituisce valutazione cui non può estendersi l’efficacia probatoria di cui sopra e che va valutata secondo ordinari criteri di deduzione. Poichè la ricostruzione degli operanti è sorretta da elementi logici coerenti parte appellante avrebbe dovuto fornire una ricostruzione di valore logico decisamente prevalente, il che non è stato perchè l’elemento di sostegno alla ricostruzione alternativa (testimonianza di un conoscente del ricorrente) è stato congruamente e insindacabilmente in questa sede ritenuto meno solido dell’elemento estraneo che sostiene la ricostruzione degli Operanti (testimonianza di persona certamente presente ai fatti, sentita nell’immediatezza, senza alcun legame con una delle parti) (…..)”.

Ciò posto, cadono anche le ulteriori considerazioni del ricorrente posto che esse impingono in una ricostruzione della fattispecie che viene operata secondo l’apprezzamento della stessa parte ricorrente, cosi da surrogarsi (inammissibilmente) al potere di accertamento del fatto riservato al giudice del merito. In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio considerato che il Ministro dell’Interno è rimasto intimato. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile – Seconda di questa Corte di Cassazione, il 12 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2019


Conformi:
Cass. civ. sez. II, 9 marzo 2012, n. 3787

Cass. civ. sez. lav., 19 aprile 2010, n. 9251

Condividi su:



Torna su